venerdì 1 novembre 2013

Incontro di Giovedì 3 Ottobre 2013 con Luigi Mariani : "Clima e storia della vite e del vino"

Pubblichiamo una sintesi dell’interessante relazione del socio Luigi Mariani tenutasi giovedì scorso. CLIMA E STORIA DELLA VITE E DEL VINO Luigi Mariani – Museo Lombardo di Storia dell’Agricoltura e Università degli Studi di Milano (Disaa. Varie evidenze archeologiche frutto in particolare delle ricerche di Patric Mc Govern ci dicono che la vite è stata domesticata nell’areale caucasico oltre 7000 anni orsono. La migrazione della vite verso il Mediterraneo, richiamata in forma mitica dal viaggio d i Dioniso, la dobbiamo forse ad un violento cambiamento climatico che interessò l’areale d’origine fra 6000 e 4000 anni orsono, spingendo la vite verso l’Europa. Qui la vite domestica ha iniziato a confrontarsi con un clima i cui tratti distintivi sono la grande variabilità interannuale, con il continuo alternarsi di annate più fredde e piovose ed annate più calde ed asciutte. Questo tratto distintivo del clima euro-mediterraneo, già evidenziato dal grande georgico latino Columella nel De re rustica, risulta evidentissimo analizzando le serie storiche secolari delle date di vendemmia(disponibili ad esempio per Francia, Svizzera, Valtellina, Austria) che costituiscono un patrimonio informativo unico, da interpretare alla luce del fatto che la precocità della vendemmia è funzione delle temperature del periodo aprile giugno (più miti sono le temperature di tale periodo e più precoce sarà la vendemmia). In particolare la serie storica 1370-2010 delle date di vendemmia a Beaune (Cote d’or – Burgogne) pubblicata dagli storici francesi Labbè e Gaveau, evidenzia la presenza di 3 fasi climatiche distinte: fase a vendemmie precoci dal 1370 al 1739, fase a vendemmie tardive dal 1740 al 1969 e nuova fase a vendemmie precoci dal 1970 ad oggi. La data di vendemmia più precoce è il 1556, in anticipo di circa 1 settimana rispetto al 2003. La stessa serie evidenza l’enorme variabilità interannuale esistente nelle date di vendemmia, sintomo di un clima il cui motto potrebbe a buona ragione essere considerato “stabilità nella variabilità”, un clima con cui i nostri antenati agricoltori si sono confrontati sempre con successo adottando adattamenti di tre tipi: adattamento delle genetica (portinnesti, varietà, adattamenti delle tecniche colturali (es: costruzione di terrazzamenti nei periodi freddi della piccola era glaciale) e scelta delle aree colturali (es: Virgilio narra che nel periodo caldo romano si evitavano le esposizioni ovest. La mortale di tutto ciò è che chi fa oggi agricoltura è tenuto a conoscere a fondo tali caratteristiche del nostro clima per convivere proficuamente con esso. Dopo questo breve excursus storico, si è fatto cenno al cambiamento climatico che ha interessato l’area europea nella seconda metà degli anni ’80 a seguito di una brusca riconfigurazione della circolazione generale. A seguito di ciò siamo entrati in una nuova fase climatica caratterizzata da temperature medie annue che per l’area italiana sono superiori di 1 / 2°C rispetto a quelle delle periodo precedente mentre le precipitazioni mostrano delle tendenze meno chiare da definire in modo sintetico (e di cui si parlerà comunque nel corso dell’intervento). Le temperature più elevate hanno implicato anche una maggiore aridità e tutto ciò si è tradotto in mosti con più zucchero e più colore, il che richiede una diversa attenzione a livello di vigneto e di cantina. Se tali accorgimenti sono rispettati, anche con il nuovo clima è possibile mirare a prodotti di qualità elevata. Le più elevate temperature comportano una risposta fenologica delle vite che si traduce in particolare in un anticipo di 10 – 20 giorni nelle date di maturazione, anticipo che può rivelarsi positivo in quanto evita le raccolte eseguite in coincidenza con i massimi precipitativi autunnali. La presenza di condizioni di stress idrico comporta una attenzione particolare alla gestione dello stress stesso (bilanci idrici per valutarne l’entità in tempo reale, pratiche agronomiche tese a favorire l’approfondimento delle radici della vite e, ove strettamente necessario, ricorso all’irrigazione). A cura di Fabio Toldo