Nella piacevole e tradizionale cornice del circolo Società del Giardino, abbiamo trascorso una piacevole serata ed ascoltato con vivo interesse una ricca ed analitica relazione sul tema “I Fratelli musulmani: minaccia o risorsa per noi?” tenuta dal Prof. Lucio Caracciolo, Direttore della rivista geopolitica Limes.
L’incontro si colloca sulla linea già tracciata in precedenza dal nostro Presidente Aldo Bottini di confronto e coordinamento con il Club Milano Settimo.
La serata è stata di grande interesse ed il relatore ha saputo dare una lettura del tema, seppur delicato e spinoso, onesta ed estremamente equilibrata.
In questo contesto ha osservato che l’Italia gioca un ruolo decisivo sia per la sua collocazione geografica sia per la rete di relazioni che negli anni ha intrecciato.
L’Italia si trova di fatto all’interno di due circuiti: uno è quello europeo, l’altro è quello mediterraneo.
È così da un lato, in Europa, da più parti si ritiene che sia necessario giungere alla Costituzione di una vera e propria Unione Europea.
Dall’altro, nell’ambito mediterraneo, è accaduto ciò che non accadeva da oltre cinquant’anni, in conseguenza di quell’effetto che viene denominato “primavera araba”, cioè sono stati esautorati i regimi in carica.
A differenza del passato, però, caduti i vecchi regimi non ne sono stati costituiti altri nuovi. La verità è che, in questi paesi, lo Stato non esiste, né esiste il senso dello Stato. Ed infatti i poteri forti (i poteri tribali, i poteri economici e i poteri religiosi) hanno preferito non opporsi alle “rivoluzioni che si sono verificate”.
Questi paesi sono però collegati a noi per molti motivi oltre ad essersi di fatto insediati anche qui da noi. Non solo molti cittadini dell’area sud mediterraneo vivono nelle nostre nazioni ma anche i lori leaders Ben Ali, Gheddafi e Mubarak erano espressioni degli stati occidentali.
Ben Ali fu insediato dai servizi italiani. Gheddafi aveva rapporti di amicizia con Andreotti, Prodi e Berlusconi.
A seguito della primavera araba si è creato un grande vuoto.
Le tensioni di cui abbiamo visto le immagini sui nostri giornali e telegiornali rappresentano però coperchi che coprono una realtà nascosta ben più ampia. Per effetto del vuoto geopolitico che si è verificato abbiamo scoperto cose che non conoscevamo. Abbiamo ad esempio scoperto che in quei paesi esistono motivi di conflitto permanente, religioso ma non solo. Il vuoto esistente a livello politico si è reso del tutto evidente: ed infatti la gioventù rivoluzionaria non aveva capi politici.
Chi ha colmato dunque questi vuoti? I fratelli musulmani.
Nati nel 1928 svolsero anzitutto una vera e propria attività di Welfare costruendo scuole, ospedali prestando assistenza alle popolazioni e curando le relazioni industriali in modo parallelo ai sistemi istituzionali. Lo sviluppo dell’organizzazione è stato, negli anni, esponenziale ed oggi, si è rivelata essere la forza più importante del mediterraneo arabo.
È un’organizzazione transnazionale la cui “casa madre” si trova in Egitto e di cui vi sono diramazioni in vari territori.
Al loro interno vi è un ampio spettro di presenze e situazioni. A capo dell’Egitto oggi è stato eletto il rappresentante dei Fratelli musulmani cioè il Presidente Morsi.
Laurea americana, stretti rapporti con personaggi americani, egli deve fronteggiare il rischio del fallimento di un paese di oltre 90 milioni di persone.
In tale contesto si comprende come la Primavera musulmana nulla aveva a che fare con l’Islam.
La battaglia politica che si è svolta in questi paesi e che ancora oggi, come tutti sappiamo, è in corso, si fonda su aspetti politici ed economici e non, e non solo su tematiche religiose. Le tre principali vie di sostentamento di questi paesi erano: il canale di Suez, le rimesse degli emigrati ed il turismo.
Ed oggi? Siamo forse destinati all’ ”Anarchistan” ?
Noi abbiamo avuto ad est la balcanizzazione dei Balcani, a sud la primavera araba mentre a nord ovest abbiamo la situazione europea he tutti conosciamo. La nostra condizione non è certo invidiabile. Cosa puo’ accadere sulla frontiera meridionale e di conseguenza in casa nostra?
1- L’opposizione laica
In questo caso per laica intendiamo quell’insieme di persone che cercano di scalzare il concetto dei Fratelli musulmani quale alternativa politica. Il fatto però è che l’opposizione laica non intende a partecipare a elezioni politiche sapendo che ne uscirebbero sconfitti.
2- Le forze armate
Queste, per ora, restano in panchina.
3- I Salafiti
Sono coloro che considerano l’Islam come la loro guida avendo però in riferimento l’Islam di Maometto.
Fino a poco tempo fa essi erano solo una corrente di pensiero. Oggi rappresentano circa il 25/30% del corpo elettorale.
L’Islam tradizionale mantiene buoni rapporti con i Fratelli musulmani ma bisogna riconoscere che vi è una fortissima competizione con gli stessi.
Cosa possiamo fare noi?
E prima ancora cosa abbiamo fatto?
Dobbiamo constatare che abbiamo da un lato applaudito alle rivoluzioni e dell’altro, anche in modo goffo, quando abbiamo visto l’importanza degli eventi siamo intervenuti militarmente (si pensi alla Libia, al Mali e forse alla Siria).
La risposta allora a quel delicato quesito è che dobbiamo anzitutto capire con chi abbiamo a che fare e dunque dobbiamo riprendere a studiare la cultura e le tradizioni locali, a viaggiare ed a costruire relazioni. Gli Italiani purtroppo hanno dimenticato la vasta cultura arabistica di cui disponevano.
Il rischio nel seguire strade diverse e nel non confrontarsi e comprendere le realtà locali è di mettere a repentaglio le relazioni costruite nel tempo e con esse gli approvvigionamenti energetici.
Molte domande dei presenti hanno consentito al nostro relatore di approfondire altri aspetti.
Anzitutto è stato chiesto per quale ragione noi abbiamo tradito gli amici dell’occidente? Quale sia la posizione del Sinai? Di Israele? Della Turchia?
Il Prof. Caracciolo ha argomentato che noi abbiamo tradito solo noi stessi. I regimi sono caduti dall’interno. L’Occidente è in crisi profonda non solo economica e gli americani oltre ad essere occupati su questioni interne si interessano ad altre aree del mondo quali la Cina e l’Asia.
Va anche considerato che i Paesi arabi sono estremamente giovani in termini di età della popolazione. Dobbiamo quindi abituarci a tensioni e forse a guerre civili (pensiamo ad esempio alla Siria dove già si registrano 80/90 mila morti).
Quanto alla Turchia osserviamo che neppure quello turco è oggi un modello di importazione per i paesi del nord Africa.
E Israele? È allarmato o vede favorevolmente i moti rivoluzionari?
In parte gli israeliani sono certamente preoccupati. Per altro verso però constatano con piacere di non avere più alcuno stato ai loro confini: il Sinai non è uno stato e difatti è terra di nessuno, il Libano non è mai stato un vero e proprio stato e la Siria si trova oggi in quella difficile situazione che tutti conosciamo.
Insomma Israele non è più minacciato da nessun “vicino di casa”. Sembra quasi che Israele preferisca non avere nulla intorno a sé, e se Israele la vede così, anche l’America la vede così perchè Israele non è un alleato dell’America ma è una parte dell’America.
E così l’Europa non può uscire dal mercato mediterraneo.
Le relazioni intrecciate, come abbiamo detto non riguardano più i singoli stati, che infatti non esistono più, ma poteri e realtà più ampi che l’Europa non può semplicemente dimenticare.
A cura di Massimo Audisio
LUCIO CARACCIOLO
Laureato in Filosofia, tesi in storia dei partiti politici su "Rinascita e liquidazione della socialdemocrazia tedesca nella Zona di occupazione sovietica (1945-1946)". Università La Sapienza di Roma, anno accademico 1983-1984, votazione 110/110 e lode. Giornalista professionista dal 1977. Corrispondente parlamentare e poi capo del servizio politico del quotidiano "la Repubblica" dal 1976 al 1983. Editorialista di politica internazionale per "la Repubblica" e per "l'Espresso". Collabora a vari giornali e riviste straniere con articoli di taglio geopolitico. Dal 1986 redattore capo e direttore responsabile della rivista "MicroMega". Dal 1993 direttore di "Limes-Rivista Italiana di Geopolitica", nel periodo 1996-2000 codirige anche "Limes-Revue Française de Géopolitique" e dal 2000 "Heartland - Eurasian Review of Geopolitics". Ha collaborato dal 1983 al 1985 a progetti di ricerca di storia contemporanea con le Università di Mannheim e Berlino (Freie Universitaet). Ha tenuto seminari di geopolitica alle Università di Napoli (Orientale) - anno accademico 1995-'96 - Urbino (dal 1997 a oggi) e S. Raffaele (Milano) (2006-2008). Ha tenuto conferenze presso alcuni fra i più prestigiosi istituti di strategia, dal Centro Alti Studi Difesa di Roma alla Heritage Foundation di Washington. Docente di Geografia Politica ed Economica alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Roma 3 dal 2002 al 2005. Docente di Geopolitica all'Università S. Raffaele (Milano) nel 2006-2007.