giovedì 22 novembre 2012

Incontro di Giovedì 15 Novembre 2012 con Patrizio Tumietto: "Fisco e contribuenti, rapporto complesso, ora più difficile a causa della crisi"

Prima di dare la parola al relatore il Presidente ha rivolto un caloroso “bentornato” a Piero Dell’Acqua, che dopo un lungo periodo di assenza, è tornato a tenerci compagnia, intrattenendo i commensali con la sua consueta sagacia.
Un rientro atteso ed accolto con gioia da tutti i soci, sottolineato dagli auguri del Presidente e da un forte applauso dei presenti!
Basta scherzi Piero: il Club attende la tua relazione di gennaio!
Altrettanto vivi e sentiti sono stati gli auguri e le congratulazioni formulati al neo eletto Presidente per l’A.R. 2014 / 2015 Patrizio Tumietto, che ha riportato un successo plebiscitario in occasione della recente Assemblea del Club ed oggi presente anche nella veste di relatore.
Su invito del Presidente, Patrizio esperto avvocato tributarista, ha quindi preso la parola ed ha svolto una approfondita relazione sui rapporti tra fisco e contribuenti focalizzando in particolare l’attenzione sugli aspetti più sensibili di un argomento certamente attuale che tocca in prima persona tutti noi e tutti i cittadini (onesti).
Lasciamo agli spunti scritti cortesemente fornitici da Patrizio Tumietto la sintesi puntuale del suo intervento.

Parlare di rapporti tra contribuenti e fisco è sempre argomento che crea interesse ed accese polemiche.
Tuttavia in un momento come quello che il nostro paese sta attraversando, una riflessione in materia merita di essere fatta.
Inizio ricordando che il vero e fondamentale problema del nostro stato è che da sempre, dall’unità del Paese in poi, salvo il storico pareggio di Quintino  Sella, il bilancio si è chiuso in deficit, contribuendo così ad arrivare a un debito pubblico attuale che è del 118% circa del Pil.[1]
Cosa significa in parole semplici, che lo stato è indebitato per più di quello che il sistema paese produce in un anno.
Ne consegue che qualunque politica di bilancio si faccia, nella migliore delle ipotesi porterà a un pareggio di bilancio, come ci si è prefissi per il 2013, ma quanto al rientro del debito non se ne parla proprio.
Che conseguenza dobbiamo trarre da tutto ciò?
Che proseguendo con l’attuale modo di gestire il paese, non vi sono speranze di miglioramento, in quanto il pareggio di bilancio consegue almeno tre elementi essenziali, la riduzione dei costi e la stabilità delle entrate correnti e il mantenimento dei tassi di interesse pagati sul debito pubblico a un limite sopportabile.
Dobbiamo avere il coraggio di dire che la classe politica che ha governato il paese dal dopo guerra in poi ha miseramente fallito il proprio compito.
E’ stata capace di gestire al meno peggio l’ordinaria amministrazione, ma non è stata capace di fermare i poteri forti che hanno saccheggiato impunemente le risorse dello stato.
Come è noto per qualunque famiglia, se le spese sono eccessive si deve o tagliarle o ricorrere all’indebitamento, creando così le premesse per un ulteriore peggioramento della situazione.
Oppure si può cercare di aumentare i ricavi, nel nostro caso, inasprendo la pressione fiscali oltre il limite della ragionevolezza.
Da qui una serie di interventi normativi che hanno trasformato il nostro paese in uno stato di polizia fiscale, nel quale i diritti elementari dei cittadini sono calpestati in nome non della lotta all’evasione fiscale, sulla quale credo tutti siamo d’accordo, ma nella ricerca affannosa di creare imponibili tassabili che nessun riferimento hanno con la realtà dei risultati economici.


[1] (Il Prodotto Interno Lordo  (PIL, in inglese grossdomesticproduct o GDP) è il valore totale dei beni e servizi prodotti in un Paese in un certo intervallo di tempo, solitamente l'anno, e destinati al consumo dell'acquirente finale, agli investimenti, alle esportazioni)

Purtroppo la mano pubblica che si occupa della lotta all’evasione fiscale si è adeguata agli indirizzi ricevuti, pertanto esercita le sue notevoli prerogative con questa principale finalità, il recupero del gettito, indipendentemente dalla logica ed equità del suo comportamento.
Credo sia venuto il momento di dire che questo sistema deve cambiare e cambiare profondamente.
L’allargamento della platea dei contribuenti è un aspetto fondamentale e io per primo ritengo che il crollo del segreto bancario sia una necessità dolorosa ma fondamentale.
Il primo posto dove cercare l’evasore è dove si trovano le sue finanze.
Un secondo importante elemento è arrivare ad accordi, quali quelli fatti da Stati Uniti ed altri importanti paesi europei con la Svizzera, che hanno permesso il recupero di ingenti somme, mantenendo l’anonimato ma tassando i redditi di capitale dei cittadini dei paesi interessati che possedevamo capitali in Svizzera.
A mio avviso la motivazione segnalata dal Governo su una contrarietà dell’Europa ad accordi bilaterali è barzellettistica, vista che i principali paesi europei questi accordi già li hanno sottoscritti, prendendosene i conseguenti benefici.
Pensare a qualche pesante ed autorevole pressione contraria a mio avviso non è peccato.
Ma questo accanimento per il recupero di gettito, che, ripeto, è cosa diversa dalla lotta all’evasione fiscale, ha un difetto di origine pesantissimo, che ne vanifica moralmente ogni sforzo.
Il difetto è che questo impegno serve semplicemente ad evitare alla classa politica l’iniziativa più semplice che dovrebbe assumere, cioè il tagliare le spese inutili.
E’ veramente difficile spiegare a chi lavora e viene tassato perché i suoi soldi vangano dissipati senza alcuna responsabilità da chi questi soldi li pretende.
Questo è un punto fondamentale, perché oltre tutto, dà una giustificazione morale all’evasore.
Affrontare il problema del rapporto fisco/contribuendo ignorando queste premesse significa non voler esaminare il problema seriamente.
Non vi affliggo con l’elenco delle norme uscita dall’estate scorsa in poi perché vi rovinerei la digestione.
Concludo con due brevi aggiunte: 
-       Da pochi mesi è stata prevista la procedura fiscale del reclamo-mediazione per gli atti della Agenzia delle Entrate relativi a maggiori imposte fino a 20.000 euro. In sostanza prima di ricorrere in CT Provinciale occorre esperire questa procedura che prevede che altro ufficio della Agenzia esamina le ragioni del contribuente e, se fondate, le accoglie annullando l’atto, in caso diverso può respingerle o proporre una mediazione. L’attenzione che deve prestare il contribuente è che in caso di esito negativo, quanto da lui scritto costituisce il ricorso, quindi l’istanza dall’inizio deve contenere tutti gli elementi di contestazione della pretesa dell’ufficio. Per questo motivo, anche se, trattandosi di procedura amministrativa, il difensore non è obbligatorio, lo diventa di fatto per poi poter eventualmente depositare il ricorso.
-       La giurisdizione fiscale; la riforma più importa riguarda i giudici tributari che, a causa della complessità della materia, devono per forza diventare professionali e a tempo pieno. Ricordo che sia i giudici che i difensori normalmente sono carenti o in procedura o in conoscenza dei fatti contabili a causa della loro formazione di provenienza.

Numerosi sono stati gli interventi dei presenti e le domande rivolte al relatore.
L’incontro si è chiuso con un invito che lo stesso relatore ha rivolto a tutti i presenti ad un impegno personale a livello sociale ed anche politico per porre fine ad abusi e per riportare in equilibrio un rapporto certamente non semplice ma oggi gravemente compromesso da logiche politiche non più accettabili.
                                                                           A cura di Massimo Audisio